Portatrici carniche
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Cosacchi in Friuli
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Il toponimo Museis, in ladino Muser, deriva verosimilmente dalla voce cimbra muos che al plurale fa mouser e che significa “pantano, affioramenti d’acqua”.

Parimenti potremmo attribuire ai Longobardi, altra popolazione di origine germanica, ma arrivata qui sei secoli dopo i Cimbri, l’origine del nome dato che avevano qui un importante arimannia legata a Sutrio e Rivo di Paluzza.

Cimbri del Cansiglio
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Fonte battesimale del patriarca Callisto, 730-740, situato a Cividale del Friuli, presso il Museo diocesano cristiano e del tesoro del duomo.
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L’arimannia è un’istituzione a carattere essenzialmente militare composta da un gruppo di soldati (exercitales) che il re acquartiera in una zona di interesse strategico, politico o militare, concedendo a loro una congrua superficie di terra composta generalmente da un area coltivabile, pascoli e boschi.

Queste proprietà non possono essere cedute se non a persone della stessa arimannia o eccezionalmente ad estranei se vengono introdotti per matrimonio o affinità purchè si assoggettino agli obblighi militari.

Col tempo, venendo meno le necessità difensive a ragione dei mutati scenari politici del Friuli e quindi della Carnia (dominazione degli Imperi centrali dal 1077 al 1420), ai componenti delle arimannie gli obblighi militari vengono sostituiti da tributi che venivano versati annualmente al re o all’imperatore e in seguito al feudale – nel nostro caso il Patriarca di Aquileia.

Questo comporta il lungo mantenimento (senza frazionamenti) di grandi proprietà che oggi sono rimaste in eredità agli enti comunali (come nel caso di Museis) e in altri casi soggetti ad usi civici.

La grande importanza difensiva di tutta quest’area si può comprendere osservando la morfologia del territorio circostante: lo spartiacque tra il Mar Nero e l’Adriatico corre a pochi km di distanza attraverso le cime delle Alpi Carniche ed ha sempre rappresentato un confine naturale che ha diviso le genti in tutti i tempi.

Anche durante la dominazione romana si è guardato con sospetto e paura oltre il valico di Monte Croce Carnico perché per molti secoli lì vivevano i barbari che spesso e volentieri compivano scorribande dilagando nelle valli e nella pianura friulana. Nel 168 d.C., al culmine della potenza militare romana, i Quadi e i Marcomanni saccheggiano Aquileia, capitale della X Regio Venetia et Istriae e una delle 10 città più importanti dell’impero.

Passano nella valle qui davanti sfondando le difese del castrum Moscardi che si estendevano dal Monte Tenchia al Monte Paularo. E di qui, varie volte, è passata la potente macchina da guerra comandata da Marco Aurelio che li ha inseguiti fino a Vienna (Vindobona) massacrandoli fino all’ultimo uomo.

A causa della posizione poco difendibile del municipium di Julium Carnicum (Zuglio) bisognava migliorare le linee avanzate.

Vista l’impossibilità, a causa delle avverse condizioni climatiche, di mantenere un castrum a Monte Croce, si decise verosimilmente di fortificare l’area del Moscardo che ben si prestava per la naturale vocazione geomorfologica del territorio (presenza di un lago, rocce elevate rispetto alla valle, strettoia).

L’area mantiene la sua importanza militare nei secoli. Infatti i Longobardi, che prendono il Friuli nel 568 e lo mantengono per 200 anni (fino all’773), stabiliscono una serie di arimannie che si estendono tra Rivo di Paluzza e il castello di Ognissanti a Sutrio passando attraverso il castello di Gaio a Cercivento (da gahagium voce longobarda che significa “bosco regio bandito”).

Nel 1340 i signori di Nonta (Gismani carnici) rimettono a disposizione del patriarca Bertrando (volenti o nolenti?) l’arimannia di Cercivento.

Le difese militari sono concentrate nella strettoia della valle alla destra e sinistra del Fiume.

Ancora oggi si vedono appena sopra Museis, oltre il rio del Merlo, numerosi manufatti difensivi: muraglioni, trincee, strade e sulla sponda opposta, dal lato quindi di Paluzza, si può ammirare una delle due torri residuo delle fortificazioni veneziane (1420-1797) eredità di quelle patriarcali (1077-1420).

La sua gemella dirimpettaia, posta su questo lato del fiume, è stata demolita nel 1840 e poi utilizzata come cava di sassi dai militari che prima, durante e dopo la 1° guerra mondiale hanno rinforzato la difesa dell’antico castrum Moscardi.

Questo mantiene la sua importanza militare nei secoli.

Anche nel decennio che ha preceduto la 2° grande guerra altre fortificazioni e molte gallerie hanno scavato i due lati del fiume dove si trovava l’antica arimannia longobarda.

Queste opere difensive sono state abbandonate solo negli anni 80 alla fine della guerra fredda.

Una passeggiata seguendo il sentiero segnato lungo l’antica strada romana – l’antica via Claudia detta oggi Julia Augusta – vi riporterà indietro nei secoli attraverso il percorso descritto in queste righe.

Come noi oggi, su questi sentieri sono passati i legionari romani, gli schiavi catturati nelle Gallie, le orde barbariche che hanno devastato l’Italia, i Longobardi, le truppe di Carlo Magno, gli Imperatori tedeschi, il Patriarca, i cramars, il luogotenente di Venezia, i generali di Napoleone e le truppe dell’impero austrungarico, i nostri emigranti quando il sud era nord, i soldati del regio esercito italiano, gli austriaci, i tedeschi ed i cosacchi, i partigiani, i contrabbandieri e i finanzieri che li inseguivano, ora i disperati del terzo mondo che cercano fortuna in Italia.

Ma anche Ermacora e Fortunato suo diacono, secondo la tradizione diretti discepoli di San Marco che, proveniente da Alessandria, venne ad evangelizzare Aquileia e la sua ampia regione.

Dalla capitale, seguendo l’antica via consolare, hanno portato la fede cristiana su queste montagne ed oltre. In particolare a Julium Carnicum che è divenuta una delle prime sedi episcopali della regione e aveva giurisdizione su un territorio ben più vasto della Carnia attuale dato che coincideva con l’antico agro romano.

L’agriturismo si trova appunto lungo antica strada romana che saliva al lato sinistro del But verso il Norico, nei pressi dell’abitato di Cercivento che conserva alcune delle più belle case carniche del passato. A pochi km si trova Zuglio, dove vale la pena di visitare il foro romano ed il Museo Archeologico che raccoglie resti celtici, romani e medioevali; inoltre, appena sopra l’abitato, l’antico complesso religioso di S. Pietro.

A Tolmezzo, invece, a circa 16 km da qui, si può visitare il Museo Carnico di Arti e Tradizioni Popolari “M. Gortani”.

Altri due musei da non perdere sono il museo geologico di Ampezzo e quello degli orologi a Pesaris.

Museo Carnico delle Arti e Tradizioni Popolari "M. Gortani"
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